mercoledì 31 dicembre 2014

scegliere


Eccomi di nuovo a proporre un altro pensiero.
Sto riflettendo sul perché prendere una decisione, alle volte, sia così complicato. Mi sono chiesto cosa renda tutto così impossibile e credo di aver inquadrato la situazione.
Molti pensano che prendere una decisione sia difficile (sto parlando ovviamente di una decisione importante), se non addirittura impossibile. Io, però, credo che la cosa difficile sia tutto tranne che prendere la decisione. Quello è il passaggio più semplice di tutti!
Mi spiego.
Pensate di essere in una situazione di vita o di morte e che tra la vostra vita e la vostra morte ci sia il dover scegliere se rinunciare ad un arto o no. Quanto ci mettereste a scegliere? Credo proprio nulla.
Perdonate il pensiero macabro, ma mi ha permesso di esprimere in maniera semplice il concetto.
Quello che voglio dire è che ciò che ci spaventa è essenzialmente la confusione che sta prima del momento della scelta e che è dovuta alla mancanza della certezza che stiamo facendo la cosa giusta, e tutto ciò che verrà dal momento della scelta in poi, quando dovremo prenderci la responsabilità di quanto abbiamo deciso.
Tutto questo è confermato dal fatto che si fa più fatica a buttarsi da un trampolino alto dieci metri piuttosto che dire a qualcuno di farlo.
Come vedete la situazione così è diversa.
Come fare quindi?
Non lo so! Ovviamente. Ma voglio farvi alcune domande:
-          Possiamo essere certi del fatto che ciò che stiamo per decidere è la cosa giusta?
-          Possiamo scegliere bene nella confusione del dubbio?
-          Possiamo non aver paura delle conseguenze?
La risposta a queste domande è sicuramente no.
Possiamo però sapere se ciò che abbiamo deciso è sbagliato (di solito se lo è ce ne accorgiamo immediatamente). Se nulla ci dà questa sensazione probabilmente siamo sulla strada giusta, magari non la più giusta, ma comunque una di quelle buone!
Penso che questo dovrebbe aiutarci a vedere il bicchiere mezzo pieno.
Possiamo evitare di trovarci a scegliere in maniera sbagliata mettendo ordine prima evitando di scegliere proprio nel momento meno adatto. È il famoso contare fino a dieci che non serve a niente se davvero facciamo come per contare le pecore quando siamo nel letto senza sonno, ma che diventa importante se ci serve a prenderci il tempo per capire davvero da che parte prendere il disordine per trasformarlo in ordine.
A questo punto possiamo anche imparare a non avere paura delle conseguenze perché al massimo cadiamo in piedi! Se siamo sulla strada giusta non sarà tutto da rifare, ma semplicemente sarà da capire dove andare man mano che avanziamo. Passo dopo passo con prudenza scopriremo quanto è semplice.
La scelta, di per sé, è la punta dell’iceberg, per usare un esempio automobilistico è la curva che ci permette di cambiare anche impercettibilmente la strada che stiamo seguendo. La sua difficoltà non sta nel farla di per sé, ma nell’impostarla correttamente e nell’uscirne alla velocità più elevata possibile.

mercoledì 17 dicembre 2014

l.i.b.e.r.t.à.

Eccomi nuovamente. È passato davvero un secolo dall’ultima volta, ma è successo molto in questo periodo. Cambio di lavoro in primis e novità generali che hanno portato scompensi positivi a tutto il solito tran tran. Sono tornato a scrivere con lo stesso obiettivo che avevo quando ho lasciato chi stava leggendo i miei articoli: generare pensiero. È da molto che rifletto sul tema della libertà ed è anche da molto che ho smesso di cercare di darne una definizione perché non è oggettivamente possibile. Libertà è qualsiasi cosa e non è inseribile in cataloghi di alcun genere. Ho però trovato un modo per approcciarmi a questo tema. E non nascondo che mi sta dando soddisfazioni. Riesco a vivere la libertà provandone le sensazioni che mi arrivano da tutto ciò che produce. Sono dell’idea che la libertà sia una causa di qualcosa, non una conseguenza come molti sostengono. La libertà ci permette di fare meglio ciò che facciamo già bene, non il contrario. Ci si accorge di essere liberi soltanto quando si vive la libertà in pieno. Non viceversa. Si può ricercare la libertà? Secondo me la risposta è NO. Si può vivere la libertà? Certamente. raccontacelo@gmail.com

martedì 5 agosto 2014

attesa


Eccomi di nuovo.
Sto facendo passare molto tempo tra un post e l’altro. Me ne rendo conto.
Sto cercando di ascoltare quello che succede intorno e non nascondo che lo trovo molto interessante.
Ascoltando, ho passato molto tempo ad attendere ed ho iniziato ad interrogarmi sull’attesa e sulle sensazioni che le stanno intorno. Io trovo che l’attesa (non l’attendere della coda alle poste) sia un momento molto bello e, se proviamo a pensarci, lo stimolo che ci porta avanti nella vita di tutti i giorni è proprio derivato dall’attesa di qualcosa che si realizzi, che arrivi, che si compia.
Noi viviamo una perenne attesa che ci spinge ad andare avanti e ci motiva a proseguire.
Se dovessimo vivere senza attendere nulla? Cerco di spiegarmi meglio.
L’amore, in fondo, non è anche attesa di qualcuno e di qualcosa? Ci troviamo a vivere un sacco di momenti meravigliosi che sono così meravigliosi perché abbiamo atteso che arrivassero ed abbiamo imparato a pregustarli.
Siamo così felici quando compiamo diciotto anni perché, in fondo, è tutta la vita che aspettiamo quel momento! Quando arriva non è altro che il compimento dell’attesa che ci ha fatto maturare le sensazioni che siamo in grado di provare in quel preciso momento, per quel preciso momento.
Vedo l’attesa come un contenitore di emozioni che crescono ed evolvono e lo vedo come un contenitore di emozioni positive che si amalgamano creando un composto che, col giusto tempo di maturazione, diventa un ottimo prodotto da consumare e da gustare.
Ma è tutto davvero così?
Non sono riuscito a farmi un’idea diversa da quanto ho appena scritto e non sono riuscito a trovare la faccia opposta di questa medaglia.
Che non ci sia?

martedì 10 giugno 2014

paura/freddezza

Leggendo con piacere un po’ di post ed un po’ di articoli in giro per il web (molti spunti mi sono venuti dagli amici che leggo sempre volentieri e che potete vedere citati nei miei blog amici), mi si è presentato un argomento che sto appositamente evitando ma che ormai trovo casualmente in troppe occasioni.

E’ ora che ci ragioni sopra.
Per individuare qualcosa bisogna, prima di tutto, cercare di capire di cosa si tratta. Bisogna averne ben chiara la struttura in modo da poterla affrontare con i dovuti modi.
Sto ovviamente parlando di paura e freddezza.
Mi sono chiesto spesse volte cos’è la paura e da dove arriva e non ho mai trovato risposta. Come tutti riesco a provarla in maniera molto ben definita e, come tutti, faccio fatica a descriverla. Voglio però provare. Magari qualcuno può dare un’idea diversa ed aiutarmi a creare pensiero.
La paura è una sensazione che vivo come un improvviso freddo sulla schiena che mi fa immediatamente saltare in piedi impedendomi di trovare le motivazioni che la alimentano (trovate le motivazioni la paura non ha senso di esistere).
La paura è, essenzialmente, la mancanza di controllo.
Ho anche pensato molto a quale può essere il suo contrario. Molti dicono il coraggio, ma io credo sia la freddezza. Il coraggio non può essere inteso come contrario della paura solo perché decido di lanciarmi da un ponte legato ad una corda per vincere la fobia dell’altezza. Questa è incoscienza.
Sono fermamente convinto che il contrario della paura sia la freddezza che è la reazione istantanea che mi permette di congelare il momento che sto vivendo per prenderne coscienza ed affrontarlo. Ripeto: trovate le motivazioni la paura smette di esistere.
Il problema grosso degli esseri umani è che, nel 90% dei casi, abbiamo la reazione sbagliata: sono pochi quelli che si spostano anche solo di un metro se c’è qualcosa che gli sta cadendo addosso. Molti si coprono semplicemente la testa.
Come fare per porre rimedio? Non so, sicuramente allenamento.

martedì 27 maggio 2014

imparare


In questo periodo ho avuto modo di pensare molto ad un sacco di cose.
Ho, però, dedicato una buona parte di temo a ragionare sulla modalità che abbiamo di imparare e sono rimasto sorpreso da come portiamo a termine questo procedimento.
Esistono moltissimi modi per imparare qualcosa, qualcuno migliore di qualcun altro, qualcuno più veloce di qualcun altro, ma comunque tutti utili. Tutti partono da un condizionamento che ci mette di fronte ad una novità e, da lì, il genio che c’è in ognuno di noi lavora per impadronirsi di quanto ha a disposizione.
Ciò che maggiormente mi stupisce, però, non è tanto questo, quanto il fatto che, se i modi per apprendere qualcosa possono essere molteplici, quelli per verificare l’apprendimento si riducono essenzialmente ad uno: il fare. Qualunque sia il modo in cui hai imparato a fare qualcosa hai un solo modo per dimostrare di averla imparata. Farla.
Si può dire che la bellezza dell’imparare sta sì nel possedere la conoscenza di qualcosa in modo universalmente riconosciuto, ma anche nel trovare sempre nuovi modi per apprenderla? Sarà questa l’eterna primavera di cui parlano i cinesi nel loro kung-fu?
Non so.
Staremo a vedere dove mi porterà questo ragionamento.

venerdì 16 maggio 2014

ritorno


Ciao a tutti,

eccomi dopo lungo periodo di riposo e riflessione.

Come scrivevo in uno degli ultimi articoli che ho pubblicato, ho passato dei momenti a guardare quanto succedeva, ma senza voler trovare soluzioni o problemi, semplicemente guardando, sullo stile di come si può guardare un film, quello che succedeva.

Ho lavorato come al solito, vivendo nello stesso modo, facendo le stesse cose, ma cercando di svuotare la testa da un sacco di pensieri che mi rendevano complicata la giornata.

Ho deciso di fermarmi anche dal pubblicare articoli perché questo continuo lavoro di ordinare dei pensieri da poter raccontare e condividere è comunque un momento di obbligata riflessione, di creazione di pensiero (come la chiamo io) che nasce dal prendere e riordinare qualcosa che non è sempre positivo (e che per fortuna non è neanche sempre negativo!). E’ un lavoro complicato e bisogna avere la mente non dico libera, ma comunque predisposta.

Non sono una persona sempre trasparente e, quindi, ho spesso bisogno di fermarmi per depurarmi. L’immagine è quella di un bicchiere d’acqua nel quale far cadere una goccia di tempera nera. Faccio presto a diventare così scuro e ho bisogno di fermarmi per un po’ per ripulire tutto.

martedì 8 aprile 2014

riepilogo



Alla fine credo sia tutta una questione di consapevolezza. È da qualche post che mi sto concentrando su questo concetto perché inizio a rendermi conto di quanto sia importante. Chi legge di solito quanto scrivo credo abbia ormai capito che l’indagine che sto portando avanti con chi condivide con me i propri pensieri va a guardare se i punti delle “i” di una lettera manoscritta sono tutti uguali.

Ogni tanto, però, credo sia importante fare un riassunto, prima di perdere il filo.

Questo blog nasce dall’idea di creare pensiero attraverso un’idea che mi permetto di scrivere tutte le volte in brevi righe. Questo creare pensiero permette a chiunque di esprimere un parere e di essere ascoltato attentamente da qualcuno che risponde e condivide a sua volta.

La base è sempre la ricerca della felicità, non perché ne esista una formula, ma perché esistono migliaia di strade per seguirla. Più ne conosciamo, più semplice sarà per noi individuare quella che meglio si adatta al nostro passo. Continuando su quella ci orienteremo naturalmente al risultato positivo.

Molte persone credono che la felicità sia uno status terminale, raggiunto il quale saremo felici per sempre. Io credo di no. La consapevolezza di cui cerco di parlare è quella che prevede soltanto il presente (unico momento storico davvero modificabile). 

Perché soffrire tutta la vita raggiungere un traguardo al quale magari non arriverò mai, quando posso essere felice tutti i giorni?

Questo è ciò che stiamo indagando ogni volta che leggiamo ogni singola parola di quello che scrivo. Ed è fondamentale ascoltare chi si ha di fronte per poterlo fare. Potremmo anche parlare da soli, ma perderemmo la consapevolezza del mondo nel quale viviamo.

Continuo, in maniera grammaticalmente scorretta, a riproporre la parola consapevolezza perché è la base e voglio lasciare il divertimento della correzione a chi vorrà davvero mettersi a cercare tutte le parole che possano in qualche modo sostituirla senza alterare ciò che la parola CONSAPEVOLEZZA vuol già racchiudere nella sua bellezza.

Se dovessi dare una definizione di felicità direi: tutto ciò che porta consapevolezza.

Chi vuole può farmi degli esempi della consapevolezza che vorrebbe raggiungere, potete mandarli per mail se non volete vengano pubblicati ed inizieremo a condividere idee in privato (se vorrete si intende), potete mandarmi per mail un vostro articolo che io pubblicherò come ho già fatto in precedenza con altri gentili collaboratori, potete scrivere come al solito il vostro prezioso commento in calce all’articolo, insomma, usate questo spazio soltanto vostro come meglio credete.

Chi vorrà mi troverà attento.


martedì 1 aprile 2014

mancanza di concretezza

Rimango sempre più stupito di quanto più una cosa è semplice da fare e da capire e più la rendiamo complicata. È davvero difficile andare ad indagare le ragioni per cui ci complichiamo la vita in tutti i modi per poi risolvere quella che rimane una banalità e vantarci di esserci riusciti. Un esempio perché mi rendo conto di essere, come al solito, complicato. Ci sono statistiche imbarazzanti sulla fine dei matrimoni che dicono espressamente che molte coppie litigano per motivi futili del livello del tappuccio sul dentifricio. Esistono coppie che litigano per anni di queste cose, prendono periodi di riflessione, decidono che l’amore è finito, tornano insieme e raccontano la vicenda come reduci di guerra. (Nessun riferimento vuole turbare od offendere, non mi permetterei mai, uso solo estremismi ben noti per creare pensiero che ricordo essere la base del mio blog) Ma qualcuno sa ascoltare cosa la situazione del momento ci sta dicendo? Intendo proprio ascoltare, non sentire. Intendo mettere attenzione non solo in quello che si sta facendo, ma anche al contesto. Continuo a sentire persone che non riescono a fare qualcosa, ma non ce ne è uno che ci prova sul serio. Il non riuscirci è “normale” se l’intenzione è provarci. Molti pensano di fare una cosa, ma sono lontani anni luce dal farla davvero. Fatico a ragionare su tutto questo. raccontacelo@gmail.com

lunedì 24 marzo 2014

ritorno



Eccomi dopo un lungo periodo di osservazione. Come anticipavo non ho fatto altro che stare a guardare quanto mi  succedeva intorno per il solo gusto di prenderne atto.

L’ho fatto un po’ per prendere fiato. È come se ultimamente stessi litigando da solo per riuscire a spiegarmi tutto quanto succedeva intorno a me. Per fortuna, anche se soltanto dopo un bel po’ di tempo, mi sono accorto di quanto inutile fosse tutto quanto e mi sono accorto anche di quanto naturale mi venisse.
Questo mi ha lasciato abbastanza preoccupato, perché è come se mi fossi accorto di punto in bianco che qualcosa che faccio tutti i giorni non è voluto e si manifesta automaticamente come se fossi stato programmato per agire così e basta.

Non nascondo che questo mi ha lasciato davvero perplesso e mi ha fatto fare un passo indietro.
Da qui l’idea di fermarmi per un po’.

Quanto?

Non lo so.

Questo è un primo appunto. Ne seguiranno sicuramente altri.

martedì 11 febbraio 2014

maturazione

Eccomi in un altro periodo nebbioso della mia esistenza, un altro di quei periodi in cui posso dire di galleggiare senza fare particolare fatica, ma anche senza particolari soddisfazioni. Posso parlare di un periodo in cui tutto scorre e mi scorre addosso. Il tempo passa lentamente ed è come se stessi a guardarlo passare senza fare assolutamente nulla.

Sensazione che non provavo da moltissimo tempo. Sensazione, però, finalmente piacevole.
Altro cambiamento rispetto al passato che prendo e porto a casa.
Annoto anche questo passaggio come elemento per valutare una maturazione che gli eventi mi stanno facendo finalmente notare. Non dico questo per presunzione, ma sono finalmente contento di inziare a rendermi conto di quanto mi sta succedendo e sono ancora più contento del fatto che mi rimane anche della lucidità per poterne prendere coscienza.
Può apparentemente sembrare una cosa poco importante, ma non per me.
E per questo voglio condividerla.

martedì 4 febbraio 2014

rapporto


Stavo pensando alla complicata modalità che hanno alcune persone di rapportarsi col mondo. Questa idea che bisogna per forza schiacciare tutti per affermarsi è, per me, di difficile comprensione.

Mi trovo spesse volte ad avere a che fare con persone che, per i più diversi motivi, vogliono dimostrarmi per forza che stanno avendo la meglio in una competizione che fanno con me e che portano avanti però da soli senza accorgersi che il loro “contendente” ha abbandonato la sfida ancora prima di accettarla.

Questa è una cosa che mi lascia di impietrito e ciò che mi fa incupire è che chi hai di fronte e che ti fa la lotta non si accorge che sta facendo tutto da solo. E’ come se io decidessi di litigare con qualcuno che in realtà non mi considera e continuassi a litigare imperterrito come se l’altro fosse coinvolto.

Tutto questo mi lascia abbastanza sconcertato. Ma mi sa che non possiamo farci niente. Dobbiamo prendere tutto così come viene.

martedì 28 gennaio 2014

nebbia

Oggi posso dire con certezza di vivere una giornata strana. In realtà è da ieri che mi porto dietro questa sensazione che adesso cerco di spiegare.

La realtà dei fatti è quella di vivere una giornata normale come coperta da una patina di nebbia che offusca quanto sto facendo. Non è necessario provare sensazioni negative, ma mi accorgo immediatamente del fatto che sto camminando in mezzo alla nebbia. La vita scorre normalmente con i normali e canonici ritmi che la contraddistinguono, ma il tutto è in mezzo ad una specie di foschia.
Alle volte mi sembra di vivere in un ambiente molto simile ad un’ambientazione da Signore degli Anelli. E non capisco il motivo. Ripeto ancora che non esistono sensazioni negative legate a questo vivere, ma sicuramente sensazioni strane che faccio fatica ad indagare e che non avevo mai provato prima di oggi.
In ascolto di quanto accade cercherò di capire anche se non ho voglia di farlo fino in fondo perché, comunque, tutto questo non mi dispiace. Mi chiedo spesse volte nell’arco della giornata dove mi porterà, ma non faccio nulla per cambiare questo stato.
Accolgo e vedo dove mi porta.

giovedì 16 gennaio 2014

il mezzo


“Mi sono trovato a dover combattere con qualcosa che mi portava necessariamente dalla parte opposta a quella che era fatta dei miei progetti e delle mie idee. Mi sono trovato ad avere a che fare con qualcosa di strano, che mi stava portando a cambiare idea, così, di punto in bianco, rispetto a qualcosa che fino al giorno prima era per me insostituibile e senza il quale non sarei stato in grado di pensare la mia vita.”

Queste sono le parole che riporto da una lunga conversazione nata casualmente in un momento di attesa.

Immagino questa situazione come una specie di attacco che colpisce le persone, come quell’ansia irrefrenabile che ci troviamo a vivere quando non vediamo l’ora di fare qualcosa, ma al contrario.

Cerco di spiegarmi meglio.

Penso a quando l’entusiasmo della novità ci coinvolge occupandoci appieno in un’attività. Penso a quell’entusiasmo che ci fa pensare per quel momento soltanto a quella bellissima novità e che ci fa stare in una sorta di limbo dell’innamoramento facendoci tendere a ciò che sembra essere l’unica cosa in grado di renderci felici. Penso a quell’entusiasmo che ci fa fare una cosa per ore ed ore senza che ci accorgiamo del tempo che passa, della fatica e del nostro progressivo isolarci dedicato al vivere al 100% la nostra nuova felicità.

Penso a tutto questo e mi chiedo se questa sensazione possa esistere anche al negativo. Penso, di conseguenza, a ciò che ci spinge ad essere accidiosi e fa in modo che ci spegniamo pian piano. Penso ad una situazione nella quale è come se non fossimo più padroni della nostra esistenza al punto da abbandonare senza motivo ogni strascico di vita vissuta fatta di piccole abitudini.

Penso a tutto questo e sono convinto che questo sia il negativo, una seconda faccia della stessa medaglia.

La conclusione che ne traggo è che siamo esattamente in mezzo ad una corda. Siamo tirati da una parte e dall’altra e non dobbiamo farci trascinare in nessuna delle due direzioni. Ma come? È tanto bello essere così felici quanto è tanto difficile venire fuori dalla depressione più totale. E soprattutto, dove sta il mezzo? Se esiste, qual è il centro corretto?

martedì 7 gennaio 2014

complicato


Stavo pensando a quanto è complicato imparare davvero qualcosa. Ci vuole molta fatica e molta attenzione intesa come capacità di stare concentrati su quello che ci vuole per fare bene qualcosa. La difficoltà che intendo io non è quella del compiere azioni di per sé complicate, perché in fondo non è così, ma nel ripeterle spesso sempre in maniera corretta.

Imparare a fare qualsiasi cosa vuol dire essere in grado di portarla a termine correttamente in ogni momento. La difficoltà sta nel far capire al proprio corpo quale è la modalità giusta e fare in modo che la replichi tutte le volte che ci serve, ma in maniera automatica.

Io pensavo che questo fosse un modo per imparare a fare tutto ciò che viene definito “pratico” ed invece devo ricredermi, perché ho scoperto essere un atteggiamento mentale che va esteso a stile di vita.

Quando capita di sbagliare, l’errore più comune è quello di dire “ho sbagliato”. Quella frazione di secondo è  tempo perso perché equivale a fare le cose due volte. Quando diciamo “ho sbagliato” ci siamo già resi conto di averlo fatto, non abbiamo bisogno di ulteriori sottolineature! Dobbiamo abituare il nostro corpo a reagire il più correttamente possibile in quella frazione di secondo. In questo modo ci troveremo nella situazione in cui l’errore è riconosciuto e risolto in maniera quasi istantanea. Non esagero se dico che l’errore può essere addirittura risolto in maniera simultanea lasciando l’impressione quasi di non averlo fatto.

Tutto questo è, però, molto complicato.

Vediamo cosa succede.