martedì 29 marzo 2016

infelicità

In questi giorni stavo pensando al fatto che, forse, l'essere infelici, è una condizione all'interno della quale noi ci caliamo e ci convinciamo che sia la normalità.
La cosa che mi lascia perplesso è che ci caliamo in una realtà che ci fa stare male per il semplice fatto che dobbiamo stare lì. Cioè, sappiamo perfettamente cosa ci rende felici, ma non lo facciamo perché abbiamo quasi paura che non potremo più stare male.

Quello che voglio dire è che è più semplice stare male, non c'è da fare nulla di particolare, mentre stare bene richiede un certo orientamento al raggiungimento di un obiettivo.

Andare alla deriva è più semplice perché ti ci portano le onde. Basta farsi portare. Seguire il vento per andare da qualche parte, invece, richiede idee chiare e conoscenza.

Quello che mi chiedo è: se tutto ciò è vero, perché?

raccontacelo@gmail.com

domenica 20 marzo 2016

approccio

Ho in mente una frase che dice: "la vita è uno specchio, ti sorride se tu le sorridi".
Ci pensavo in questi giorni e credo che sia una verità molto importante.

In effetti si tratta proprio di una questione di approccio e dipende tutto da come si vive la quotidianità e da quello che ci mettiamo dentro.
L'approccio è qualcosa di fondamentale e distingue un essere umano da un altro. E' come il tocco per un chitarrista, ognuno ha il suo ed è personalizzato.

Quello che mi trovo spesso davanti è qualcuno che vive convinto di fare qualcosa che invece non sta facendo e, quando si trova di fronte alla realtà di una situazione che prima o poi viene fuori, dà la colpa del proprio non riuscire alla vita che è difficile.

Tantissime persone sono nella convinzione di vivere quando invece stanno soltanto sopravvivendo.

Fare qualcosa di veramente fatto bene, di qualsiasi cosa si tratti, non è per nulla semplice o banale. E' come quando arriva la mail di SPAM che ti dice clicca qui e guadagnerai 4000€ al mese con un lavoro part-time. Non è possibile.

E' l'approccio che fa la differenza.

Strimpellare non è suonare. Chi suona può strimpellare, chi strimpella non può suonare. Ripetere un esercizio mille volte facendo attenzione alla tecnica, al suono, al tocco, al volume, alla fluidità ed a legare bene i suoni è ben diverso da fare due accordi per suonare la canzone del sole.

Suonare ed essere convinti di farlo sono due cose ben diverse.

raccontacelo@gmail.com

mercoledì 9 marzo 2016

tecnology

Ciao a tutti!
E' da un po' che non scrivo, è vero, ma aspettavo un'imbeccata che è arrivata puntuale. Sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo.
Ringrazio e provo a rispondere alla domanda che mi è stata fatta e che riporto.

Questo post deve iniziare con questo quesito: "quanta positività o negatività ci offre o ci toglie la tecnologia?"

Come sapete non riesco a rispondere ad una domanda del genere senza fare il polemico, ma quando ho iniziato a scrivere su questo blog ho preso la decisione di seguire un orientamento preciso.
Io, prima di tutto, mi chiederei: "Ma siamo sicuri della correttezza della domanda?" mi spiego.

Facciamo un balzo a monte e cerchiamo di capire se i termini in gioco sono correttamente utilizzati.

Cos'è "tecnologia"? E mi riferisco alla classificazione più semplice della parola.
A me verrebbe da dire che "tecnologia" indica una serie di strumenti che abbiamo a disposizione.

Allora "tecnologia" è il soggetto o l'oggetto della frase?

Se "tecnologia" non fosse il soggetto come espresso nella domanda sopra e fosse invece l'oggetto quale sarebbe la domanda corretta? E chi sarebbe il soggetto a questo punto?

Vediamo se riesco a scrivere una domanda diversa:

"Utilizziamo la tecnologia per avere più positività o più negatività?"

Scusate se mi prendo la briga di stravolgere il senso della richiesta, ma vorrei esprimere un pensiero chiaro che, secondo me, è fondamentale.
Noi siamo gli artefici di quanto di bello o di meno bello ci succede.

La tecnologia è uno strumento e, come tale, non è in grado di darci né positività, né negatività. Noi possiamo però utilizzarlo per ricavarne qualcosa di buono o meno buono.
Facciamo degli esempi però.
Un coltello affilato è uno strumento che, se usato per tagliare il salame, porta con sé positività, ma se, per errore, ci tagliamo le dita non dobbiamo dargli la colpa, ma chiederci come lo abbiamo usato.

Quello che mi preme è che cambiamo il punto di vista ed impariamo a prendere in considerazione tutto l'insieme delle cose.
La tecnologia può diventare sì il soggetto della nostra domanda, ma deve comunque essere chiaro il ruolo che abbiamo noi quando la utilizziamo, perché rimarrà sempre uno strumento.
Come strumento è qualcosa di fondamentale a mio avviso al punto che non possiamo più farne a meno, ma può certamente essere un'arma a doppio taglio da imparare ad usare.
Io non so rispondere a questa domanda, lo ammetto, ma so che bisogna necessariamente fare attenzione a come ci rapportiamo con lei perchè, come entità complessa, va gestita a dovere.

"Tecnologia" è un insieme di equilibri che vanno curati, è un libro di cui bisogna conoscere molto bene l'indice per sapere dove andare a cercare ciò che ci serve e trasformarlo in tutta la positività di cui abbiamo bisogno.
"Tecnologia", però, è anche una portatrice sana di negatività dalla quale dobbiamo guardarci bene.

Dico portatrice sana perché, in quanto strumento, ha necessariamente un lato negativo e pericoloso, ma sappiamo bene che anche il coltello affilato di cui sopra ce l'ha.

La discriminante rimane solo e soltanto una: noi.

raccontacelo@gmail.com