martedì 28 gennaio 2014

nebbia

Oggi posso dire con certezza di vivere una giornata strana. In realtà è da ieri che mi porto dietro questa sensazione che adesso cerco di spiegare.

La realtà dei fatti è quella di vivere una giornata normale come coperta da una patina di nebbia che offusca quanto sto facendo. Non è necessario provare sensazioni negative, ma mi accorgo immediatamente del fatto che sto camminando in mezzo alla nebbia. La vita scorre normalmente con i normali e canonici ritmi che la contraddistinguono, ma il tutto è in mezzo ad una specie di foschia.
Alle volte mi sembra di vivere in un ambiente molto simile ad un’ambientazione da Signore degli Anelli. E non capisco il motivo. Ripeto ancora che non esistono sensazioni negative legate a questo vivere, ma sicuramente sensazioni strane che faccio fatica ad indagare e che non avevo mai provato prima di oggi.
In ascolto di quanto accade cercherò di capire anche se non ho voglia di farlo fino in fondo perché, comunque, tutto questo non mi dispiace. Mi chiedo spesse volte nell’arco della giornata dove mi porterà, ma non faccio nulla per cambiare questo stato.
Accolgo e vedo dove mi porta.

giovedì 16 gennaio 2014

il mezzo


“Mi sono trovato a dover combattere con qualcosa che mi portava necessariamente dalla parte opposta a quella che era fatta dei miei progetti e delle mie idee. Mi sono trovato ad avere a che fare con qualcosa di strano, che mi stava portando a cambiare idea, così, di punto in bianco, rispetto a qualcosa che fino al giorno prima era per me insostituibile e senza il quale non sarei stato in grado di pensare la mia vita.”

Queste sono le parole che riporto da una lunga conversazione nata casualmente in un momento di attesa.

Immagino questa situazione come una specie di attacco che colpisce le persone, come quell’ansia irrefrenabile che ci troviamo a vivere quando non vediamo l’ora di fare qualcosa, ma al contrario.

Cerco di spiegarmi meglio.

Penso a quando l’entusiasmo della novità ci coinvolge occupandoci appieno in un’attività. Penso a quell’entusiasmo che ci fa pensare per quel momento soltanto a quella bellissima novità e che ci fa stare in una sorta di limbo dell’innamoramento facendoci tendere a ciò che sembra essere l’unica cosa in grado di renderci felici. Penso a quell’entusiasmo che ci fa fare una cosa per ore ed ore senza che ci accorgiamo del tempo che passa, della fatica e del nostro progressivo isolarci dedicato al vivere al 100% la nostra nuova felicità.

Penso a tutto questo e mi chiedo se questa sensazione possa esistere anche al negativo. Penso, di conseguenza, a ciò che ci spinge ad essere accidiosi e fa in modo che ci spegniamo pian piano. Penso ad una situazione nella quale è come se non fossimo più padroni della nostra esistenza al punto da abbandonare senza motivo ogni strascico di vita vissuta fatta di piccole abitudini.

Penso a tutto questo e sono convinto che questo sia il negativo, una seconda faccia della stessa medaglia.

La conclusione che ne traggo è che siamo esattamente in mezzo ad una corda. Siamo tirati da una parte e dall’altra e non dobbiamo farci trascinare in nessuna delle due direzioni. Ma come? È tanto bello essere così felici quanto è tanto difficile venire fuori dalla depressione più totale. E soprattutto, dove sta il mezzo? Se esiste, qual è il centro corretto?

martedì 7 gennaio 2014

complicato


Stavo pensando a quanto è complicato imparare davvero qualcosa. Ci vuole molta fatica e molta attenzione intesa come capacità di stare concentrati su quello che ci vuole per fare bene qualcosa. La difficoltà che intendo io non è quella del compiere azioni di per sé complicate, perché in fondo non è così, ma nel ripeterle spesso sempre in maniera corretta.

Imparare a fare qualsiasi cosa vuol dire essere in grado di portarla a termine correttamente in ogni momento. La difficoltà sta nel far capire al proprio corpo quale è la modalità giusta e fare in modo che la replichi tutte le volte che ci serve, ma in maniera automatica.

Io pensavo che questo fosse un modo per imparare a fare tutto ciò che viene definito “pratico” ed invece devo ricredermi, perché ho scoperto essere un atteggiamento mentale che va esteso a stile di vita.

Quando capita di sbagliare, l’errore più comune è quello di dire “ho sbagliato”. Quella frazione di secondo è  tempo perso perché equivale a fare le cose due volte. Quando diciamo “ho sbagliato” ci siamo già resi conto di averlo fatto, non abbiamo bisogno di ulteriori sottolineature! Dobbiamo abituare il nostro corpo a reagire il più correttamente possibile in quella frazione di secondo. In questo modo ci troveremo nella situazione in cui l’errore è riconosciuto e risolto in maniera quasi istantanea. Non esagero se dico che l’errore può essere addirittura risolto in maniera simultanea lasciando l’impressione quasi di non averlo fatto.

Tutto questo è, però, molto complicato.

Vediamo cosa succede.