martedì 30 aprile 2013

upgrade

Sto, per mia fortuna, scoprendo un sacco di cose molto interessanti che riguardano la mia vita in generale. Questa  scoperta mi rende davvero felice. Sto imparando un sacco di cose che riguardano la vita quotidiana e (dal semplice versare il caffè in una tazzina al modo migliore per fare un’attività lavorativa complessa).
Quello che mi rende davvero entusiasta è che inizio davvero a rendermi conto di ciò che succede.
Io sono sempre stato dell’idea che fare bene una volta può essere fortuna, due può essere ancora molta più fortuna, ma tre volte inizia ad essere strano. Allenando la capacità di imparare si scopre che si può monitorare concretamente tutto ciò che succede abituando il proprio corpo ed il proprio cervello a registrare passivamente quanto accade. La conseguenza? Che immediatamente ci si accorge di quanto succede, in diretta, forse ancora prima di capire realmente quanto accaduto.
Tutto questo è sconvolgente, ma ancora più sconvolgente è quando ci se rende conto di ciò che da questo momento in avanti si può fare e della facilità con cui lo si può fare.
Credo di aver fatto il salto di qualità, il primo di una serie. Posso quasi affermare con certezza di aver chiaro il traguardo che mi porterà a fare l’ulteriore ed immediatamente successivo upgrade.
Uso questo termine perché credo che sintetizzi perfettamente la sensazione. Nel momento in cui facciamo un aggiornamento hardware/software (gli esperti in materia vorranno perdonarmi per gli errori) al nostro computer ci troviamo immediatamente in grado di poter utilizzare nuove funzionalità fino ad allora inesistenti. Sappiamo che il nostro PC le ha installate e le ha pronte e disponibili immediatamente, ma noi dobbiamo ancora “prenderci la mano” ed imparare ad usarle. Tempo poco ecco che sono nostre e diventano funzionalità perfettamente acquisite.
Il salto di qualità di cui parlo è proprio questo. Qualcosa che ci mette di fronte ad una nuova condizione fisico-psichica nuova che ci fa immediatamente rendere conto delle nuove funzionalità che abbiamo acquisito e ci mette nella giusta condizione per poterle allenare fino a che non diventano perfettamente naturali.
La cosa bizzarra di tutto ciò è che non c’è un momento in cui questo avviene. Succede tutto per caso ad un certo punto. Questo mi fa ridere (ma solo perché quando me lo dicevano non ci credevo).

martedì 23 aprile 2013

il modo giusto

Lungo periodo di stop nella pubblicazione. La scorsa settimana ho saltato quello che è diventato per me il giorno di pubblicazione per preferirne uno diverso a causa di un pensiero che avevo desiderio di condividere senza poter aspettare il canonico martedì.
Oggi riprendo la “regolare pubblicazione” cercando di riflettere sul fatto che per quanto un’azione venga considerata complessa, difficile, impossibile o come di solito siamo abituati a definire qualcosa che non si riesce a fare, ci sarà sempre qualcuno che la farà con una semplicità disarmante.
Fino ad ora ho capito che se si vuole imparare a fare qualcosa semplicemente bisogna allenarsi fino al punto che diventa automatica. Il problema che si pone subito in quel momento è che bisogna allenare nel modo corretto, se no diventa automatico qualcosa di sbagliato. Come fare per evitare questo?
Non ho una risposta a questa domanda, ma un’altra domanda. Vi siete mai accorti da una sensazione che avete appena fatto qualcosa di giusto? Mi spiego: avete mai provato quella sensazione che di solito è immediatamente successiva al compimento di un’azione corretta che molti definiscono come la lampadina che si accende? Il famoso eureka?
Può essere questa la vera prova del nove, l’unico modo per rendersi conto se un’azione fatta è giusta? Il tutto ovviamente è da vedere in una situazione “normale” (sempre che alla parola “normale” si possa dare un significato universalmente riconducibile a qualcosa) perché immagino che Hitler abbia provato la medesima sensazione nel momento in cui ha avuto l’idea dei campi di concentramento…
In sostanza, oggi, vorrei soffermarmi a riflettere non tanto sulla modalità che permette di arrivare alla lampadina che si accende, quanto su quell’attimo in cui ci si rende conto. La consapevolezza è quello che rende le persone forti e rilassate. Si cresce più velocemente se si conoscono i propri limiti, perché si riesce ad intervenire più rapidamente ed intelligentemente su di essi.
Posso considerare questa consapevolezza il punto di partenza per l’allenamento delle mie potenzialità? Posso, quindi, considerare questo punto di partenza il modo corretto di allenarmi?
raccontacelo@gmail.com

giovedì 11 aprile 2013

imparare

E’ facendo che una persona si rende conto della competenza acquisita in un’attività, o almeno dovrebbe.
Sono rimasto abbastanza perplesso nello scoprire che molte persone sono convinte di fare, quando invece non fanno altro che copiare qualcosa che, se fatto davvero, è completamente diverso. Un detto dice che conosci davvero bene una cosa quando la sai spiegare a tua nonna e, da un certo punto di vista, sono d’accordo.
Sto pensando a quanta fatica ci vuole per acquisire una competenza che sia una reale competenza e non un essere in grado di imitare. La differenza tra il fare ed il fare davvero esiste, ma molte persone non la vedono.
Ciò che si prova quando si sta di fronte a qualcuno che dimostra davvero come si fa bene una cosa è una sensazione simile alla frustrazione che fa pensare a idee del tipo: non ce la farò mai, è troppo difficile e via discorrendo, ma in seconda battuta dà il paradigma da seguire che dovrebbe spingere sulla strada corretta.
Sono d’accordo con l’idea di un amico che inserisce la parola “maestro” soltanto tra le definizioni da dizionario. Quello che esiste davvero è la capacità di imparare e di fare propria l’esperienza personale che una persona riconosciuta come maestro mette a disposizione di chi ha questa dote da mettere in gioco. Sono d’accordo con questa definizione perché diversamente da quanto succede, gli allievi di un maestro non sono tutti allo stesso livello, ma qualcuno diventa bravo, qualcuno no e qualcuno forse anche più bravo di lui. (Questo vuole essere un discorso generale, ovvio è che il maestro sa dare le indicazioni corrette, quando è il momento).
Dico questo perché penso sia successo ad ognuno di noi di essere convinto di fare bene fino al momento in cui qualcuno, magari con un piccolo sorriso sulle labbra, ci dice: prova a fare così svelandoci un modo più rapido, veloce e semplice.
Questo, inizialmente, mi rendeva nervoso. Lo ammetto. Ora mi rende più attento. Ma qual è il prezzo per questa attenzione in più? Che tutte le volte è come se si ricominciasse da capo per riprendere qualcosa che va sempre modificato? Che non si finirà mai un discorso perché ci sarà sempre qualcosa da rivedere?
Lascio ragionare.

martedì 9 aprile 2013

ascolto

Oggi nessuna considerazione, sento solo il desiderio di condividere con tutti una canzone che è la colonna sonora della mia settimana.
Ne pubblico una versione che prevede il testo e la sua traduzione per renderla accessibile a chiunque avesse pochi minuti di tempo da investire.
Non chiedo nulla di particolare, soltanto di ascoltare con attenzione e lasciare un appunto se credete.

martedì 2 aprile 2013

un dono

Pasqua è un bel momento dell’anno. Al di là del significato che può avere per i credenti penso sia un bel momento da passare in compagnia. E’ in una stagione in cui, se il tempo non fa le bizze, si sta bene all’aperto, esce il primo sole caldo e porta quel week-end lungo che ai lavoratori dipendenti non dispiace mai. Non so come dire, ma fa molto “famiglia”.
In quanto festa, però, anche Pasqua è un momento in cui ci si scambia dei regali, dei pensieri, dei doni. Volevo fermarmi un attimo a pensare al regalo. Volevo partire da una definizione che mi desse almeno una linea guida. Ho cercato su wikipedia e ho trovato con piacere una definizione che condivido.
“il termine "dono" si può riferire a qualunque cosa fatta liberamente e spontaneamente, atta a rendere l'altro più felice o meno triste, come ad esempio un favore, un atto di perdono o una gentilezza.”

Sto cercando di capire cos’è per me un dono, ma faccio fatica.