Ho in mente una frase che dice: "la vita è uno specchio, ti sorride se tu le sorridi".
Ci pensavo in questi giorni e credo che sia una verità molto importante.
In effetti si tratta proprio di una questione di approccio e dipende tutto da come si vive la quotidianità e da quello che ci mettiamo dentro.
L'approccio è qualcosa di fondamentale e distingue un essere umano da un altro. E' come il tocco per un chitarrista, ognuno ha il suo ed è personalizzato.
Quello che mi trovo spesso davanti è qualcuno che vive convinto di fare qualcosa che invece non sta facendo e, quando si trova di fronte alla realtà di una situazione che prima o poi viene fuori, dà la colpa del proprio non riuscire alla vita che è difficile.
Tantissime persone sono nella convinzione di vivere quando invece stanno soltanto sopravvivendo.
Fare qualcosa di veramente fatto bene, di qualsiasi cosa si tratti, non è per nulla semplice o banale. E' come quando arriva la mail di SPAM che ti dice clicca qui e guadagnerai 4000€ al mese con un lavoro part-time. Non è possibile.
E' l'approccio che fa la differenza.
Strimpellare non è suonare. Chi suona può strimpellare, chi strimpella non può suonare. Ripetere un esercizio mille volte facendo attenzione alla tecnica, al suono, al tocco, al volume, alla fluidità ed a legare bene i suoni è ben diverso da fare due accordi per suonare la canzone del sole.
Suonare ed essere convinti di farlo sono due cose ben diverse.
raccontacelo@gmail.com
domenica 20 marzo 2016
mercoledì 9 marzo 2016
tecnology
Ciao a tutti!
E' da un po' che non scrivo, è vero, ma aspettavo un'imbeccata che è arrivata puntuale. Sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo.
Ringrazio e provo a rispondere alla domanda che mi è stata fatta e che riporto.
Questo post deve iniziare con questo quesito: "quanta positività o negatività ci offre o ci toglie la tecnologia?"
Come sapete non riesco a rispondere ad una domanda del genere senza fare il polemico, ma quando ho iniziato a scrivere su questo blog ho preso la decisione di seguire un orientamento preciso.
Io, prima di tutto, mi chiederei: "Ma siamo sicuri della correttezza della domanda?" mi spiego.
Facciamo un balzo a monte e cerchiamo di capire se i termini in gioco sono correttamente utilizzati.
Cos'è "tecnologia"? E mi riferisco alla classificazione più semplice della parola.
A me verrebbe da dire che "tecnologia" indica una serie di strumenti che abbiamo a disposizione.
Allora "tecnologia" è il soggetto o l'oggetto della frase?
Se "tecnologia" non fosse il soggetto come espresso nella domanda sopra e fosse invece l'oggetto quale sarebbe la domanda corretta? E chi sarebbe il soggetto a questo punto?
Vediamo se riesco a scrivere una domanda diversa:
"Utilizziamo la tecnologia per avere più positività o più negatività?"
Scusate se mi prendo la briga di stravolgere il senso della richiesta, ma vorrei esprimere un pensiero chiaro che, secondo me, è fondamentale.
Noi siamo gli artefici di quanto di bello o di meno bello ci succede.
La tecnologia è uno strumento e, come tale, non è in grado di darci né positività, né negatività. Noi possiamo però utilizzarlo per ricavarne qualcosa di buono o meno buono.
Facciamo degli esempi però.
Un coltello affilato è uno strumento che, se usato per tagliare il salame, porta con sé positività, ma se, per errore, ci tagliamo le dita non dobbiamo dargli la colpa, ma chiederci come lo abbiamo usato.
Quello che mi preme è che cambiamo il punto di vista ed impariamo a prendere in considerazione tutto l'insieme delle cose.
La tecnologia può diventare sì il soggetto della nostra domanda, ma deve comunque essere chiaro il ruolo che abbiamo noi quando la utilizziamo, perché rimarrà sempre uno strumento.
Come strumento è qualcosa di fondamentale a mio avviso al punto che non possiamo più farne a meno, ma può certamente essere un'arma a doppio taglio da imparare ad usare.
Io non so rispondere a questa domanda, lo ammetto, ma so che bisogna necessariamente fare attenzione a come ci rapportiamo con lei perchè, come entità complessa, va gestita a dovere.
"Tecnologia" è un insieme di equilibri che vanno curati, è un libro di cui bisogna conoscere molto bene l'indice per sapere dove andare a cercare ciò che ci serve e trasformarlo in tutta la positività di cui abbiamo bisogno.
"Tecnologia", però, è anche una portatrice sana di negatività dalla quale dobbiamo guardarci bene.
Dico portatrice sana perché, in quanto strumento, ha necessariamente un lato negativo e pericoloso, ma sappiamo bene che anche il coltello affilato di cui sopra ce l'ha.
La discriminante rimane solo e soltanto una: noi.
raccontacelo@gmail.com
E' da un po' che non scrivo, è vero, ma aspettavo un'imbeccata che è arrivata puntuale. Sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo.
Ringrazio e provo a rispondere alla domanda che mi è stata fatta e che riporto.
Questo post deve iniziare con questo quesito: "quanta positività o negatività ci offre o ci toglie la tecnologia?"
Come sapete non riesco a rispondere ad una domanda del genere senza fare il polemico, ma quando ho iniziato a scrivere su questo blog ho preso la decisione di seguire un orientamento preciso.
Io, prima di tutto, mi chiederei: "Ma siamo sicuri della correttezza della domanda?" mi spiego.
Facciamo un balzo a monte e cerchiamo di capire se i termini in gioco sono correttamente utilizzati.
Cos'è "tecnologia"? E mi riferisco alla classificazione più semplice della parola.
A me verrebbe da dire che "tecnologia" indica una serie di strumenti che abbiamo a disposizione.
Allora "tecnologia" è il soggetto o l'oggetto della frase?
Se "tecnologia" non fosse il soggetto come espresso nella domanda sopra e fosse invece l'oggetto quale sarebbe la domanda corretta? E chi sarebbe il soggetto a questo punto?
Vediamo se riesco a scrivere una domanda diversa:
"Utilizziamo la tecnologia per avere più positività o più negatività?"
Scusate se mi prendo la briga di stravolgere il senso della richiesta, ma vorrei esprimere un pensiero chiaro che, secondo me, è fondamentale.
Noi siamo gli artefici di quanto di bello o di meno bello ci succede.
La tecnologia è uno strumento e, come tale, non è in grado di darci né positività, né negatività. Noi possiamo però utilizzarlo per ricavarne qualcosa di buono o meno buono.
Facciamo degli esempi però.
Un coltello affilato è uno strumento che, se usato per tagliare il salame, porta con sé positività, ma se, per errore, ci tagliamo le dita non dobbiamo dargli la colpa, ma chiederci come lo abbiamo usato.
Quello che mi preme è che cambiamo il punto di vista ed impariamo a prendere in considerazione tutto l'insieme delle cose.
La tecnologia può diventare sì il soggetto della nostra domanda, ma deve comunque essere chiaro il ruolo che abbiamo noi quando la utilizziamo, perché rimarrà sempre uno strumento.
Come strumento è qualcosa di fondamentale a mio avviso al punto che non possiamo più farne a meno, ma può certamente essere un'arma a doppio taglio da imparare ad usare.
Io non so rispondere a questa domanda, lo ammetto, ma so che bisogna necessariamente fare attenzione a come ci rapportiamo con lei perchè, come entità complessa, va gestita a dovere.
"Tecnologia" è un insieme di equilibri che vanno curati, è un libro di cui bisogna conoscere molto bene l'indice per sapere dove andare a cercare ciò che ci serve e trasformarlo in tutta la positività di cui abbiamo bisogno.
"Tecnologia", però, è anche una portatrice sana di negatività dalla quale dobbiamo guardarci bene.
Dico portatrice sana perché, in quanto strumento, ha necessariamente un lato negativo e pericoloso, ma sappiamo bene che anche il coltello affilato di cui sopra ce l'ha.
La discriminante rimane solo e soltanto una: noi.
raccontacelo@gmail.com
domenica 11 ottobre 2015
questione di equilibri
Stavo pensando che molti parlano di equilibri nelle relazioni e pensavo anche a quanto è difficile mantenerli.
Non voglio parlare di relazioni sentimentali perché quelle fanno parte di un capitolo a sé, ma delle normali relazioni che regolano i rapporti umani.
Dal primo momento che incontriamo una persona non facciamo altro che cercare di entrare in relazione con lei e cerchiamo di capire da quale parte poterla approcciare e come fare per fare una buona impressione in modo che questa si sciolga e lasci andare i freni che la diffidenza porta naturalmente a tirare.
Quello che mi chiedo è: quanto c'è di normale in questa situazione? Per conoscersi bisogna prima di tutto studiarsi come pugili su un ring.
Passiamo momenti a capire chi abbiamo di fronte ed, allo stesso tempo, cerchiamo di fornire la nostra parte migliore per fare a nostra volta una buona impressione.
Quando arriviamo al contatto abbiamo già studiato l'intensità della stretta di mano per non sembrare né troppo forti, ma neanche troppo deboli!
Sfoggiamo il nostro sorriso migliore ed immediatamente parte il confronto.
Da qui inizia la fase nella quale cerchiamo di capire in quale cerchia di conoscenze possiamo inserire la persona che abbiamo di fronte per individuare il canale che utilizzeremo per rapportarci. Cercheremo di capire se mantenere il "lei", se indosseremo sempre una cravatta quando l'avremo di fronte o se basta una T-shirt, quali argomenti ed idee condividere ed, addirittura, se dovremo far finta che le sue idee siano anche le nostre.
Individuato il genere di rapporto dovremo capire se mantenerlo statico, farlo crescere ed evolvere o puntare alla chiusura e dovremo essere pronti a riconoscere cosa l'altro vuole a sua volta fare! Già questa situazione non è delle più semplici in più se uno dei due vuole approfondire e l'altro chiudere diventa tutto ancora più complicato!
Data la direzione dovremo essere pronti a valutare gli errori, a dare e chiedere spiegazioni, a versare lacrime e fare risate, a litigare e fare pace, a prendersi e lasciarsi, insomma..dove sta l'equilibrio che lottiamo per trovare in una relazione?
A me sembra che tutto questo sia solo un continuo sbattere da una parte all'altra, più che un cercare un equilibrio.
Che fare?
raccontacelo@gmail.com
Non voglio parlare di relazioni sentimentali perché quelle fanno parte di un capitolo a sé, ma delle normali relazioni che regolano i rapporti umani.
Dal primo momento che incontriamo una persona non facciamo altro che cercare di entrare in relazione con lei e cerchiamo di capire da quale parte poterla approcciare e come fare per fare una buona impressione in modo che questa si sciolga e lasci andare i freni che la diffidenza porta naturalmente a tirare.
Quello che mi chiedo è: quanto c'è di normale in questa situazione? Per conoscersi bisogna prima di tutto studiarsi come pugili su un ring.
Passiamo momenti a capire chi abbiamo di fronte ed, allo stesso tempo, cerchiamo di fornire la nostra parte migliore per fare a nostra volta una buona impressione.
Quando arriviamo al contatto abbiamo già studiato l'intensità della stretta di mano per non sembrare né troppo forti, ma neanche troppo deboli!
Sfoggiamo il nostro sorriso migliore ed immediatamente parte il confronto.
Da qui inizia la fase nella quale cerchiamo di capire in quale cerchia di conoscenze possiamo inserire la persona che abbiamo di fronte per individuare il canale che utilizzeremo per rapportarci. Cercheremo di capire se mantenere il "lei", se indosseremo sempre una cravatta quando l'avremo di fronte o se basta una T-shirt, quali argomenti ed idee condividere ed, addirittura, se dovremo far finta che le sue idee siano anche le nostre.
Individuato il genere di rapporto dovremo capire se mantenerlo statico, farlo crescere ed evolvere o puntare alla chiusura e dovremo essere pronti a riconoscere cosa l'altro vuole a sua volta fare! Già questa situazione non è delle più semplici in più se uno dei due vuole approfondire e l'altro chiudere diventa tutto ancora più complicato!
Data la direzione dovremo essere pronti a valutare gli errori, a dare e chiedere spiegazioni, a versare lacrime e fare risate, a litigare e fare pace, a prendersi e lasciarsi, insomma..dove sta l'equilibrio che lottiamo per trovare in una relazione?
A me sembra che tutto questo sia solo un continuo sbattere da una parte all'altra, più che un cercare un equilibrio.
Che fare?
raccontacelo@gmail.com
martedì 22 settembre 2015
da quanto ci penso
Sono mesi che sto pensando al post da scrivere. L'ho iniziato mille volte e l'ho interrotto altrettante.
Quello su cui mi sono arenato spesso è il discorso della cosa giusta da fare. Sto pensando da tanto tempo al fatto che se chiedo a diverse persone il parere su qualcosa ricevo idee differenti. Cosa può voler dire? Che alle volte le cose giuste da fare sono più di una? Cerco di spiegarmi. Su come si piega una maglietta possiamo essere d'accordo che ci possono essere dversi modi, ma su argomenti un po' più impegnativi come possono esserci diverse opinioni tutte corrette? In fondo un'azione è giusta quando ci fa raggiungere l'obiettivo.
Lancio come al solito il mio sasso e dico che la cosa giusta da fare è sempre e soltanto una. Alla domanda quanto fa due più due non ci sono tante risposte, ma soltanto una.
La dimostrazione a questa cosa sta nel fatto che se voglio imparare a nuotate devo mettermi in acqua, poi posso farmi raccontare esperienze, studiare la fisica che ci sta dietro, ma finché non mi metto in acqua non imparo nulla.
Pensavo anche a chi risolve i problemi della vita degli altri utilizzando teorie psicologiche una piuttosto che un'altra quando alla fine il criterio è uno: il buon senso che, per quanto è soggettivo rimane analizzabile.
La difficoltà dell'elaborare questo post è stata e sta ancora adesso nell'esprimere l'unicità del concetto di correttezza.
Ma il dubbio rimane. Se la risposta giusta è una sola, perché viviamo nel dubbio?
raccontacelo@gmail.com
Quello su cui mi sono arenato spesso è il discorso della cosa giusta da fare. Sto pensando da tanto tempo al fatto che se chiedo a diverse persone il parere su qualcosa ricevo idee differenti. Cosa può voler dire? Che alle volte le cose giuste da fare sono più di una? Cerco di spiegarmi. Su come si piega una maglietta possiamo essere d'accordo che ci possono essere dversi modi, ma su argomenti un po' più impegnativi come possono esserci diverse opinioni tutte corrette? In fondo un'azione è giusta quando ci fa raggiungere l'obiettivo.
Lancio come al solito il mio sasso e dico che la cosa giusta da fare è sempre e soltanto una. Alla domanda quanto fa due più due non ci sono tante risposte, ma soltanto una.
La dimostrazione a questa cosa sta nel fatto che se voglio imparare a nuotate devo mettermi in acqua, poi posso farmi raccontare esperienze, studiare la fisica che ci sta dietro, ma finché non mi metto in acqua non imparo nulla.
Pensavo anche a chi risolve i problemi della vita degli altri utilizzando teorie psicologiche una piuttosto che un'altra quando alla fine il criterio è uno: il buon senso che, per quanto è soggettivo rimane analizzabile.
La difficoltà dell'elaborare questo post è stata e sta ancora adesso nell'esprimere l'unicità del concetto di correttezza.
Ma il dubbio rimane. Se la risposta giusta è una sola, perché viviamo nel dubbio?
raccontacelo@gmail.com
domenica 19 aprile 2015
questione di principio
Stavo pensando in questi giorni a tutte quelle volte che ho sentito litigare persone a causa del principio.
Mi spiego meglio. Tutti quelli di cui sto parlando sono quelli che millantano una ragione nei confronti di qualcuno adducendo come motivazione il principio.
Mi spiego ancora meglio. Tutti quelli che dicono che hanno ragione per questione di principio.
Ora. Si può sapere qual è questo principio? Si parla di principio come se ce ne fosse unico valido per tutti. E sapete qual è la cosa bella? Provate a chiedere a qualcuno di quelli che ha appena riattaccato il telefono in faccia alla fidanzata o è uscito di casa sbattendo la porta. Non vi sa rispondere.
Questa cosa mi fa impazzire. La maggior parte delle volte la spiegazione finisce in "è una questione di principio". Quindi se fai un'azione che mi infastidisce io ne devo fare un'altra che ti infastidisce almeno allo stesso modo".
Chi mi legge da tempo ha ormai capito che io tendo a stravolgere un po' il modo di ragionare per creare nuovo pensiero.
Lancio allora una sfida. Proviamo a fare pace per principio?
Intanto abbiamo indagato che non esiste un principio uguale per tutto e tutti, che nessuno lo sa spiegare e che il termine viene usato in maniera puramente casuale.
Cosa potrà mai succedere su tentiamo di fare pace per principio? Che se una persona fa nei miei confronti una buona azione io ne dovrò fare verso di lui/lei una altrettanto buona? Potrà succedere che mi chiederanno il perché ho agito così e dirò "per principio"? Mi chiederanno di spiegare quello che mi ha spinto ad agire così e non saprò rispondere?
Sì, è vero. NON CAMBIA NIENTE.
Anzi, cambia solo lo 0,1%.
Il punto di vista.
raccontacelo@gmail.com
Mi spiego meglio. Tutti quelli di cui sto parlando sono quelli che millantano una ragione nei confronti di qualcuno adducendo come motivazione il principio.
Mi spiego ancora meglio. Tutti quelli che dicono che hanno ragione per questione di principio.
Ora. Si può sapere qual è questo principio? Si parla di principio come se ce ne fosse unico valido per tutti. E sapete qual è la cosa bella? Provate a chiedere a qualcuno di quelli che ha appena riattaccato il telefono in faccia alla fidanzata o è uscito di casa sbattendo la porta. Non vi sa rispondere.
Questa cosa mi fa impazzire. La maggior parte delle volte la spiegazione finisce in "è una questione di principio". Quindi se fai un'azione che mi infastidisce io ne devo fare un'altra che ti infastidisce almeno allo stesso modo".
Chi mi legge da tempo ha ormai capito che io tendo a stravolgere un po' il modo di ragionare per creare nuovo pensiero.
Lancio allora una sfida. Proviamo a fare pace per principio?
Intanto abbiamo indagato che non esiste un principio uguale per tutto e tutti, che nessuno lo sa spiegare e che il termine viene usato in maniera puramente casuale.
Cosa potrà mai succedere su tentiamo di fare pace per principio? Che se una persona fa nei miei confronti una buona azione io ne dovrò fare verso di lui/lei una altrettanto buona? Potrà succedere che mi chiederanno il perché ho agito così e dirò "per principio"? Mi chiederanno di spiegare quello che mi ha spinto ad agire così e non saprò rispondere?
Sì, è vero. NON CAMBIA NIENTE.
Anzi, cambia solo lo 0,1%.
Il punto di vista.
raccontacelo@gmail.com
domenica 5 aprile 2015
domenica 22 marzo 2015
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